Avete mai assaggiato…Amaro CANAJA?

Oggi iniziamo un viaggio, alla scoperta di piccoli produttori italiani che danno vita a prodotti eccellenti che valorizzano il territorio d’origine. Una nuova rubrica, con la quale speriamo di farvi conoscere nuovi prodotti e nuove realtà locali!

Partiamo dal mare, dalla splendida Senigallia, con un liquore amaro ma che ben si presta anche in miscelazione data la sua gradazione alcolica (28%).

Canaja prende il suo nome da un curioso fatto storico avvenuto nel XV secolo, quanto a Senigallia con la promessa di un ‘amnistia, furono attirate persone che avevano conti in sospeso con la giustizia ( la “Canaja”) per ripopolare la città.

Questo amaro artigianale Marchigiano nasce da una ricetta del Caffè del Corso a Senigallia e si fonda sulla territorialità e sulla sinergia collaborativa di diversi professionisti e locali nei diversi ambiti lavorativi.

Il profumo e il gusto sono complessi, a base di Zenzero, Chiodi di Garofano, Lione, Begamotto e Pimento. 

Ecco come lo abbiamo provato noi!

Ingredienti

  • 45 ml di Canaja
  • 15 ml succo fresco passion fruit 
  • 15 ml sciroppo di rapa rossa

Per preparare il succo di passion fruit estrarre il contenuto di alcuni frutti, passarlo con un colino e filtrare tutto con una super bag (filtro a maglie fini). 

Per lo sciroppo di rapa rossa: da due o tre rape rosse, estrarre il succo tramite estrattore, aggiungere lo zucchero per creare uno sciroppo 2:1 (per ogni 100 gr di succo, 200 gr di zucchero).

Miscelare gli ingredienti all’interno dello shaker aggiungere ghiaccio, shakerare, filtrare con double strainer e versare nel bicchiere in versione on the rocks o in un bicchiere ghiacciato senza ghiaccio. Gusto dolce/terroso. Guarnire con chips di rapa rossa essiccate. 

Dove potete provare Canaja? A Senigallia presso Caffè del Corso e su Instagram @amaro_canaja potete avere le info su come acquistarlo!

Fermentazione e Mixology: come iniziare

Nell’ultimo periodo si stanno riscoprendo le bevande fermentate, diventate un prodotto sempre più presente sia nell’ambito Mixology che all’interno delle cucine dei grandi ristoranti. 

Ma di cosa si tratta, quali sono i prodotti fermentati e come si possono preparare in sicurezza? In realtà il processo di fermentazione viene praticato da secoli per allungare i periodi di conservazione di frutta, e bevande in generale. Rientrano nella vasta categoria dei fermentati infatti la birra, il vino, il kefir e tepache, ma anche cibi diffusissimi come  yogurt, kimchi, crauti e tempeh. 

In pochissime parole grazie al processo di fermentazione alcolica in particolare, i microrganismi come batteri, lieviti e funghi convertono gli zuccheri in acidi, gas o alcol. In generale le fermentazioni si avviano tramite organismi presenti nell’ambiente e sui cibi in modo spontaneo, ce ne accorgiamo dalle muffe su cibi per esempio. 

E’ possibile però controllare questo processo grazie all’introduzione di alcuni organismi specifici che vengono indotti ad avviare una fermentazione, i cosiddetti starters:  lieviti, batteri oppure colture di entrambi, chiamati Scoby (Symbiotic Culture Of Bacteria and Yeast). 

Per il quanto riguarda le bevande e i cibi fermentati, in generale, oltre a donare ai nostri cocktail una nota piacevole, hanno anche  vantaggi salutistici per la nostra digestione soprattutto, in quanto ricchi di antiossidanti e probiotici. 

Per quanto riguarda l’applicazione delle fermentazione home made, abbiamo iniziato qualche piccolo esperimento, partendo proprio dalla studio della fermentazione base. Si può per esempio far fermentare anche un semplice succo, per poi passare a miscele più complesse e piano piano “osare” con gli esperimenti.

Per avviare la fermentazione di un succo per esempio, sarà sufficiente un barattolo (anche direttamente la bottiglia di succo, in parte svuotata), che fungerà da camera di fermentazione, con un “tappo” che permetta la fuoriuscita del gas derivato dal processo di fermentazione, senza far entrare al suo interno agenti di contaminazione (kit acquisibili anche su Amazon e molto economici). Il succo deve avere una componente di zucchero per poter fermentare, altrimenti è possibile aggiungerne per poter ottenere una bevanda in grado di fermentare maggiormente e divenire quindi più alcolica. Sarà sufficiente aggiungere il lievito (che può essere per esempio quello di champagne, acquistabile in busta), per avviare il processo di fermentazione. Tale processo può avere una durata molto variabile, a seconda del risultato che vorremmo ottenere. Il composto va tenuto a temperatura ambiente, visto che il freddo stoppa la fase di fermentazione. Mano a mano che i giorni passeranno, gli zuccheri saranno convertiti, rendendo la bevanda via via meno dolce ma sempre più alcolica (il livello alcolico rimane comunque basso). Il composto resta frizzante finchè la fermentazione non si conclude, ovvero finche tutti gli zuccheri non sono convertiti in alcol dal lievito. Una volta raggiunto il livello di fermentazione desiderato (dai 3 ai 6 giorni, a seconda delle zucchero presente), il composto va chiuso con tappo e messo in frigo. La successiva conservazione deve essere seguita attentamente, verificando la formazione di Co2 (che in frigo non dovrebbe crearsi), ed eventualmente sfiatando la bottiglia.

In generale, le regole che servono per approcciarsi al mondo della fermentazione sono poche, ma molto importanti.

  • Pulizia: stiamo lavorando con batteri e lieviti, quindi è fondamentale avere una grande attenzione per l’igiene di barattoli e strumenti che entrano in contatto con le nostre creazioni. I batteri “cattivi” sono dietro l’angolo! Meglio “sterilizzare” ogni strumenti e contenitore con lavastoviglie e vapore. 
  • Attenzione, soprattutto alla pressione. La fermentazione a volte ci può sfuggire di mano, soprattutto nei primi tentativi home made. Per le prime prove è consigliato l’uso di contenitori di plastica, meno soggetta ad esplosioni:-) Inoltre è bene controllare frequentemente lo stato di fermentazione.  Attenzione inoltre allo sviluppo di muffe o sedimenti strani, in questi casi potrebbe essersi bloccata la fermentazione (a causa di una temperatura non corretta), meglio gettare tutto!
  • I giusti strumenti. Può essere utile l’acquisto di alcuni strumenti per il controllo della fermentazione , come un idrometro per la misurazione del livello di alcol della nostra bevanda.

Abbiamo parlato fino a qui di semplice succo fermentato, ma per approcciarsi alla fermentazione, abbiamo avuto il piacere di conoscere un’azienda produttrice di Kombucha, altro fermentato del quale oggi si sente spesso parlare a base di tè. Abbiamo dedicato un articolo al loro fantastico kit che vi permetterà passo passo in modo semplice di produrre direttamente a casa vostra questo fermentato a base di tè. Scopri qui l’articolo. 

I 5 regali di Natale che ogni barman desidera

Natale si sta avvicinando e cresce l’ansia del regalo perfetto! Ecco allora qualche consiglio per far felici i vostri amici barman, o, se siete voi il barman, ecco qualche consiglio per farsi un bel regalo!

Prima di scoprire la nostra classifica, vi vogliamo lasciare un piccolo regalino per Natale! Un buono sconto del valore di 10 euro, su una spesa minima di 100, sul sito Rgmania.com! Inserite il codice ESPERIENZARG in fase di acquisto! (validità fino al 31/12/2019).

  1. Un grande classico.. il grembiule!

Che sia di stoffa, tinta unita o dalle fantasie bizzarre, il grambiule da barman è diventato negli ultimi anni parte integrante della divisa dal bar! Il nostro preferito? Quello in pelle, elegante, prezioso e molto pratico! Lo trovate qui.

2. L’attrezzatura vintage e/o preziosa

L’attrezzatura per barman è sempre un regalo gradito, meglio ancora se preziosa o particolare. Che ne dite allora di uno Shaker vintage a campana placcato argento? Di sicuro un oggetto particolare, è questo modello di The Bars che ricalca un modello che fu stato registrato ufficialmente il 15 luglio 1937 per invenzione di Bruce de Montmorency. Gli ingredienti, ghiaccio compreso, vanno posti dentro la campana, e una volta shakerato, si svita il pomello del manico stesso per passare al versamento facilitato e sicuro del drink. Un regalo di sicuro effetto, che trovate su RGmania.

Non volete rischiare? Jigger e tradizionali shaker placcati sono regali per andare sul sicuro! Li trovate qui.

3. Studio e preparazione passano attraverso…un buon libro!

I titoli dedicati alla miscelazione sono davvero tanti, che affrontano tematiche molto specifiche e varie. Il nostro preferito? “Liquid Intelligence: arte e la scienza del cocktail perfetto” di Dave Arnold. Un manuale essenziale che svela in modo scientifico e dettagliato i segreti e principi della miscelazione. Lo trovate qui o direttamente su Amazon.

Se i manuali non fanno per voi, ma preferite leggere di fantastiche avventure dietro al banco, vi consigliamo il libro in uscita dal 18 dicembre “Il piccolo Barman” , scritto con Flavio Angiolillo (del Mag Cafè di Milano). Lo trovate da Giunti.

4. Il kit completo professionale!

Un regalo forse un pò impegnativo, ma il vero sogno di ogni barman è di sicuro avere un kit luxury per avere sotto mano tutto quello che serve per le proprio creazione alcoliche e non. Eccolo con 23 accessori e borsa roll in pelle, qui.

5. Per il barman fashion, il papillon personalizzato!

Un piccolo accessorio, ma che definisce la personalità di ogni barman! Estrosi e creativi i papillon personalizzati sono un grazioso pensiero per Natale! Quelli di Dolomitcs Papillon (seguitelo e contattatelo per maggiori info su Instagram @dolomitics_papillons) sono personalizzabili nel materiale (vinile, sughero, stoffa, legno e dipinti a mano!) e sono artigianali!

Basta plastica, la rivoluzione green al bar inizia dalla cannuccia!

Le tematiche ambientali, legate al crescente inquinamento dei nostri oceani (e non solo) è ormai un argomento di discussione molto sentito, e il settore della ristorazione/bar non può esimersi dal cercare di attuare azioni per contrastare questo pericoloso fenomeno.

Una delle categorie di prodotti che maggiormente fanno discutere sono proprio quelli monouso, dalle posate, ai piatti e passando soprattutto per le CANNUCCE. Per chi non lo sapesse, una cannuccia dispersa nell’ambiente impiega 500 anni per distruggersi completamente. In Italia se ne consumano 2 miliardi all’anno; in tutta Europa 36 miliardi.

Per questo motivo dal 2021 il consiglio Ue approva lo stop a piatti, posate e cannucce di plastica monouso.

Come adattarsi quindi alla normativa e come rendere un pò più green il nostro bancone bar e il servizio offerto?

La strada più semplice è quella di eliminare definitivamente le cannucce dai nostri drink, ma ahimè questa via sembra piuttosto difficoltosa per alcune categorie di cocktail (i pestati per esempio) e per le abitudini assodate dei nostri clienti, che spesso sono i primi a voler utilizzare la cannuccia per gustarsi i nostri cocktail.

Quei stretti tubicini di plastica ai quali siamo tanto abituati, sono usati principalmente per ragioni igieniche, ci riportano alla mente momenti felici, dai party alle soste al bar, diventando anche parte integrante e decorativa del cocktail.
Già da tempo molti locali e bar in Italia hanno deciso di seguire il filone del “plastic free” ricercando e iniziando ad utilizzare altri materiali o soluzioni.

Tra le soluzioni più comuni si possono trovare le cannucce biodegradabili/compostabili che sono molto similari a quelle in plastica, per molti aspetti quasi identiche. In questo caso bisogna verificare che siano conformi alla normativa europea EN 13432 la quale definisce le caratteristiche che un materiale deve possedere per potersi definire compostabile in un impianto di compostaggio industriale, visto che oggi molte aziende che propongono questa soluzione non hanno questa certificazione.

Un’altra soluzione che riporta nel passato è data dalle cannucce di carta pressata, molto colorate e divertenti, le quali però tendono ad inzupparsi se restano troppo tempo nel liquido e spesso in bocca danno una strana sensazione di ruvidità.

Personalmente abbiamo adottato un’ulteriore soluzione, che ci fornisce una maggiore tenuta e risulta più piacevole per il cliente: le cannucce in paglia (straw). Spesso hanno un diametro leggermente inferiore a quello della cannuccia tradizionale da cocktail, ma l’effetto finale è molto gradevole, anche come “decorazione” e richiama subito ad un’attenzione green adottata dal barman. Ecco alcuni siti di riferimento per l’acquisto:


Tra le altre soluzioni usa e getta si può utilizzare la pasta di alcuni particolari formati, che sicuramente è una soluzione particolare, commestibile (sì molti dei nostri clienti hanno deciso di mangiarsi la cannuccia cruda) anche se, come nel caso della cannuccia in carta, la pasta dopo poco tende ad inzupparsi. Ecco dove acquistare questo tipo di soluzione:

  • ZITI pasta Barilla reperibili al supermercato (attenzione per gli intolleranti al glutine, questo formate senza glutine non esiste, almeno per il marchio Barilla!)
  • CANU’ ( https://www.canustraws.it/), azienda italiana che produce cannucce in pasta, finalizzate proprio all’utilizzo nei cocktail, anche senza glutine, quindi che risolvono il problema delle intolleranze.

Nell’ultimo periodo sono nate anche cannucce commestibili come le SORBOS, la prima cannuccia commestibile (diversi gusti) e rispettosa dell’ambiente, realizzata con zucchero glassato (solo 23 calorie), amido di mais ed acqua. 100% biodegradabile ( http://sorbositalia.it/ ).

Tra le cannucce ecologiche, ma in questo caso non usa e getta, troviamo le cannucce in bamboo, in acciaio e anche in vetro. Molto belle, di elevata qualità, ma che richiedono cura e attenzione nel lavaggio, visto che devono essere singolarmente pulite con una canuta e spazzolino anche internamente. Alcuni siti dove trovate molti di questi tipi di cannucce ;

E voi che soluzione avete deciso di adottare?

Aiutateci ad aggiornare questo articolo, suggerendoci marchi e soluzioni che avete testato!

Agave, Aguamiel e Pulque

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L’agave è una pianta dalle mille sfumature, utilizzata per la produzione del tequila ( si è maschile!) e del mezcal, ma non solo.

Tequila e Mezcal sono i prodotti più celebri di questa pianta,  che impiega una decina d’anni per maturare, e che raccoglie la sua linfa nella cabeza o piña che è situata alla base della pianta e ricoperta di foglie.

Oggi in particolare parliamo di altri due prodotti che derivano da questa particolare pianta, spesso confusi, l’aguamiel e il pulque.

Il primo è uno dei prodotti derivati dall’agave.  Si trova in commercio con diversi nomi come sciroppo o nettare d’agave. Dall’aguamiel si ricava il pulque, una bevanda alcolica tradizionale messicana consumata nei tipici locali messicani, le pulquerie.

L’aguamiel viene ricavata tagliando solo il centro dell’agave (maguey), che viene successivamente scavato. All’interno del foro creato, si deposita la linfa, l’aguamiel appunto, un prodotto ricco di zuccheri e proteine.

Lo strumento tradizionale grazie al quale estrarre l’aguamiel è l’acocote.

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Una volta estratto l’aguamiel, può essere ridotto tramite cotture e filtrato, oppure può essere avviato alla fermentazione, producendo appunto il pulque. Questo prodotto in realtà non è commercializzato, proprio per questo è caratteristico e tradizionalmente viene miscelato con frutta e bevuto dalla popolazioni locali messicane.